domenica 28 ottobre 2012

IN MEMORIA DI FALCONE E BORSELLINO


La lettera di Roberto Scarpinato

Roberto Maria Ferdinando Scarpinato, nato a Caltanissetta il 14 gennaio 1952, è un magistrato italiano, attualmente procuratore generale presso la Corte D’Appello di Caltanissetta. La sua carriera inizia come magistrato nel 1977, dopo aver prestato servizio presso il consiglio superiore della magistratura, ha poi svolto incarichi come sostituto procuratore aggiunto alla procura di Palermo. Qui, entra a far parte del POOL ANTIMAFIA e lavora a stretto contatto con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. In qualità di pubblico ministero, ha partecipato a diversi importanti processi, quali quello a carico di Giulio Andreotti, e quelli per l’omicidio dell’europarlamentare Salvo Lima, del segretario regionale del Pci, Pio la Torre e del prefetto di Palermo, Carlo Alberto Dalla Chiesa.

Giulia Basso, 2M


In recente discorso, Roberto Scarpinato, in commemorazione dell'omicidio di Falcone e Borsellino ha destato grosso scalpore, per quanto riguarda i rapporti fra Stato e criminalità organizzata. La strage  di via D’Amelio, in cui perirono il magistrato Paolo Borsellino e i componenti della sua scorta colpì profondamente il popolo italiano, anche perché seguiva l'assassinio di Giovanni Falcone, altro giudice coraggioso. Le parole di Scarpinato sono parole orgogliose, dignitose e fiere; soprattutto mi ha colpito il fatto che da esse non traspaia alcuna nota d’odio, cosa che sarebbe stata comprensiva, bensì la piena consapevolezza del proprio ruolo di rappresentante dello Stato di una lotta che dura da molti anni e in cui lo Stato è risultato più volte sconfitto. Tuttavia sono parole di fede, di speranza e di accusa nei confronti di tutti coloro che direttamente o indirettamente hanno favorito l’affermarsi della mafia nel nostro paese.

Lorenzo Castaldini, 2M


Scarpinato vuole  trasmettere un messaggio ben preciso: denunciare gli assassini di Falcone, addirittura puntando il dito a personaggi importanti e dicendo che costoro baratterebbero l’anima in cambio di promozioni di carriera e che le parole come stato, giustizia e legge pronunciate da loro non avrebbero valore perché privi di senso della giustizia. Polemizza inoltre sul nostro Stato evidenziandone la corruzione e facendo presente che le persone ai piani alti convivono con la malavita per avidità. Gratifica, poi, il lavoro di Falcone, dicendo ai ragazzi che le parole come onestà e umiltà in questo paese debbano acquisire più importanza rispetto  alle parole omertà e mafia, che lui cercava di combattere tutti i giorni per costruire un’Italia migliore. Parla, poi, della paura che Falcone non aveva verso la morte, pur sapendo che sarebbe andato incontro a un destino crudele e tutto per amore del suo lavoro. E ancora prosegue, parlando della personalità del magistrato battutosi per i diritti di tutti. Infine, enuncia gli obbiettivi che egli stesso ed altri stanno svolgendo perché quello che Borsellino ha costruito non si demolisca, ma anzi sopravvalga  sulla parte” nera” del nostro sistema giustizia.

Paggiarino Letizia, 2M