Il giorno 15 gennaio 2013 la classe 2^M del liceo Laura
Bassi di Bologna si è recata in via Brocaindosso 48 per partecipare al progetto
BIM: Biblioteca Interculturale Mobile. La classe aveva partecipato lo scorso
anno con il tema “Razzismo e Pregiudizi”, quest’anno invece si è trattato un
argomento poco discusso nella società attuale: “Una Generazione di IMMIGRATI”.
Come ogni biblioteca che si rispetti, la BIM è ricca di
libri, ma ha una differenza che la caratterizza dalle altre: la
multiculturalità.
Ma prima di descrivere l’innovativa BIM, parliamo di una
semplice biblioteca. Non è facile dare una definizione su due piedi, come
infatti hanno dimostrato gli alunni della 2^M e della 2^G presenti all’incontro;
una biblioteca può essere definita come un luogo di ritrovo dove è possibile fare
spese, riempendo il proprio bagaglio culturale, senza pagare neanche una lira.
Eh sì, avete capito bene, fare compere. Può suonare male sentire qualcuno dire
che ha trovato qualche buon prodotto in biblioteca, ma se ci pensate un attimo,
la biblioteca è l’unico posto in cui è
possibile arricchirsi senza spendere neanche una moneta. In biblioteca è
possibile leggere libri, giornali, quotidiani e persino navigare in Internet.
Le persone si riuniscono in sale per raccogliere informazioni e magari
confrontarsi con persone di altre opinioni e pensieri. In biblioteca puoi imparare senza insegnante,
puoi conoscere persone nuove e ancora meglio conoscere espressioni, ideali e la
cosa migliore culture nuove. Al giorno d’oggi grazie ad Internet, ai social
network come Facebook e Twitter, è possibile incontrare persone di etnie e
origini diverse, ma come si reagisce a questo fenomeno? Navigando sui social
network o sulle chat, sarà capitato almeno una volta ad ognuno di noi di
incontrare qualcuno “diverso”. Ma cosa significa DIVERSO?
Nel dizionario italiano sotto il termine diverso troviamo
ben cinque significati: secondo il primo punto diverso è qualcosa che procede
in una direzione diversa; il significato seguente mi dice che diverso significa
differente o dissimile; il terzo punto considera diverso tutto ciò che è
insolito, strano o straordinario; il quarto significato dice che diverso è
qualcosa di orribile o mostruoso; infine l’ultimo punto afferma che diverso è significato
di crudele e perverso. Facendo una piccola riflessione, secondo voi quale dei
precedenti significati rispecchia maggiormente il termine diverso? Questo
aggettivo può essere visto sia come un complimento che un’offesa. Se questo stesso
termine viene usato in contesti diversi può assumere altrettante differenti
interpretazioni.. Ma come reagiamo noi quando qualcuno ci dice che siamo
diversi??
La risposta non potrà mai essere la medesima per tutti. E
questo potrebbe essere influenzato dal colore della nostra pelle, dal luogo in
cui siamo nati o dalla lingua che parliamo. Vi sembra una buona ragione questa?
A scuola ci insegnano fin dalle elementari che siamo tutti uguali
indistintamente dal sesso, dalla religione e dalle origini. Ma cari insegnanti
come possiamo noi considerarci tutti uguali se giorno dopo giorno vediamo,
sentiamo o purtroppo viviamo episodi di razzismo? Senza tornare indietro di
anni, anni e anni, e di conseguenza annoiarvi, me ne bastano uno o due.
L’estate scorsa ci sono stati i tanto attesi Europei e come
da merito l’Italia ha partecipato. Tra la squadra schierata nella finale, che
ha visto l’Italia protagonista contro la Spagna, c’erano ben due italiani
naturalizzati in campo e un altro in panchina. Mario Balotelli, Thiago Motta e
Angelo Ogbonna hanno giocato negli Europei rappresentando gli italiani. Ma se
guardate il loro colore della pelle o i loro nomi e cognomi, non vi viene in
mente una domanda un po’ retorica: ma siamo sicuri che siano italiani? La legge
italiana li riconosce come cittadini a tutti gli effetti, ma loro si sentono
come tali? Dai loro comportamenti e dalle loro affermazioni è possibile
riconoscere tratti tipicamente nazionali. Ma se una persona vive in Italia da
molti anni, o magari ci è nata, ha studiato, ha appreso la cultura e vive
costantemente giorno dopo giorno insieme a persone che considera suoi
connazionali, la si può considerare italiana?
Ogni anno vengono al mondo migliaia di bambini nati da
stranieri comunitari e non. Gli stessi bambini cresceranno in Italia,
studieranno in Italia, si innamoreranno in Italia, vivranno ogni giorno della
loro esistenza da italiani. Ma ogni anno dovranno recarsi in questura, per il
rinnovo di un pezzo di carta, che vale tutto per quei bambini e le loro
famiglie: il Permesso di Soggiorno. Quello stesso giorno gli verrà ricordato di
vivere in mezzo a persone diverse da loro. Quelli stessi bambini non sanno più
identificarsi: si sentono italiani a tutti gli effetti, ma purtroppo i
documenti affermano il contrario. Quando si recano nel paese delle proprie
origini, si sentono come pesci fuor d’acqua, alcuni di loro non sanno neanche
parlare la lingua, altri non distinguono i soldi e altri ancora sono obbligati
a tornarci. Sì sì, sono obbligati. Infatti una volta raggiunto il diciottesimo
anno di vita, uno straniero se non lavora deve tornarsene nel suo paese, ma come può farlo se il suo paese è
l’Italia?? In ogni legislatura, c’è sempre il solito politico che promette il
cambiamento, ma sono ormai parole vecchie che fanno illudere migliaia di
famiglie in attesa di una carta di soggiorno o magari della cittadinanza.
Secondo la legge italiana la cittadinanza si può acquisire per sangue, per
matrimonio e per naturalizzazione. Un extracomunitario residente in Italia da
più di dieci anni consecutivi può far richiesta per ottenere un documento che
passerà alle sue future generazioni e che risparmierà ai successivi bambini il
momento in cui li verrà ricordato che sono diversi dai coetanei con cui passano
ogni giorno della loro vita, ovvero i bambini italiani. Una volta richiesta e
accettata, per quanto dice la legge italiana, si dovrebbero attendere un paio
d’anni all’incirca, ma purtroppo i tempi d’attesa sono lunghissimi e intanto
magari i bambini sono diventati uomini e sono costretti a cercare un lavoro per
stare in un paese che sentono proprio.
Il mio è un semplice
appello, quello di una semplice ragazza straniera venuta e cresciuta in Italia,
che si sente italiana, rivolto a tutti, dai cittadini, agli stranieri stessi e
ai futuri parlamentari che si instaureranno nella prossima legislatura: “sarà
mai possibile, in futuro non troppo lontano, un’Italia unita e integrata con le
altre etnie e culture, un paese dove non vengono sottolineate le proprie
origini o la propria lingua, uno stato colorato e non diverso, dove le persone non vengono
discriminate, ma trattate come tali. Città in cui non ci saranno più sguardi
discriminanti, passi timorosi in qualche spiacevole incontro, ma soprattutto
amicizie uniche e non diverse.” Spero in una futura generazione migliore, sia
dal punto di vista economico che sociale, attendo con impazienza una nazionale
multietnica, ma soprattutto desidero un’Italia dove non venga ricordato che sei
diverso attraverso un foglio di carta. Auspico alle future generazioni di sentirsi
integrati, di essere considerate persone come quelle con cui vivono tutti i
giorni e spero che non ci siano più atti di razzismo. Invito inoltre i Governi
futuri a prendere al più presto provvedimenti, perché giorno dopo giorno
migliaia di bambini, ragazzi e magari uomini e donne non sanno più come
identificarsi, si sentono italiani nel cuore, ma purtroppo la legge, i
documenti e i loro coetanei gli ricordano di non esserlo, sentendosi così degli
apolidi, senza origini né cittadinanza.