martedì 22 gennaio 2013

BIM: UN PROGETTO MILLE CULTURE


Il giorno 15 gennaio 2013 la classe 2^M del liceo Laura Bassi di Bologna si è recata in via Brocaindosso 48 per partecipare al progetto BIM: Biblioteca Interculturale Mobile. La classe aveva partecipato lo scorso anno con il tema “Razzismo e Pregiudizi”, quest’anno invece si è trattato un argomento poco discusso nella società attuale: “Una Generazione di IMMIGRATI”.

Come ogni biblioteca che si rispetti, la BIM è ricca di libri, ma ha una differenza che la caratterizza dalle altre: la multiculturalità.

Ma prima di descrivere l’innovativa BIM, parliamo di una semplice biblioteca. Non è facile dare una definizione su due piedi, come infatti hanno dimostrato gli alunni della 2^M e della 2^G presenti all’incontro; una biblioteca può essere definita come un luogo di ritrovo dove è possibile fare spese, riempendo il proprio bagaglio culturale, senza pagare neanche una lira. Eh sì, avete capito bene, fare compere. Può suonare male sentire qualcuno dire che ha trovato qualche buon prodotto in biblioteca, ma se ci pensate un attimo,  la biblioteca è l’unico posto in cui è possibile arricchirsi senza spendere neanche una moneta. In biblioteca è possibile leggere libri, giornali, quotidiani e persino navigare in Internet. Le persone si riuniscono in sale per raccogliere informazioni e magari confrontarsi con persone di altre opinioni e pensieri.  In biblioteca puoi imparare senza insegnante, puoi conoscere persone nuove e ancora meglio conoscere espressioni, ideali e la cosa migliore culture nuove. Al giorno d’oggi grazie ad Internet, ai social network come Facebook e Twitter, è possibile incontrare persone di etnie e origini diverse, ma come si reagisce a questo fenomeno? Navigando sui social network o sulle chat, sarà capitato almeno una volta ad ognuno di noi di incontrare qualcuno “diverso”. Ma cosa significa DIVERSO?

Nel dizionario italiano sotto il termine diverso troviamo ben cinque significati: secondo il primo punto diverso è qualcosa che procede in una direzione diversa; il significato seguente mi dice che diverso significa differente o dissimile; il terzo punto considera diverso tutto ciò che è insolito, strano o straordinario; il quarto significato dice che diverso è qualcosa di orribile o mostruoso; infine l’ultimo punto afferma che diverso è significato di crudele e perverso. Facendo una piccola riflessione, secondo voi quale dei precedenti significati rispecchia maggiormente il termine diverso? Questo aggettivo può essere visto sia come un complimento che un’offesa. Se questo stesso termine viene usato in contesti diversi può assumere altrettante differenti interpretazioni.. Ma come reagiamo noi quando qualcuno ci dice che siamo diversi??

La risposta non potrà mai essere la medesima per tutti. E questo potrebbe essere influenzato dal colore della nostra pelle, dal luogo in cui siamo nati o dalla lingua che parliamo. Vi sembra una buona ragione questa? A scuola ci insegnano fin dalle elementari che siamo tutti uguali indistintamente dal sesso, dalla religione e dalle origini. Ma cari insegnanti come possiamo noi considerarci tutti uguali se giorno dopo giorno vediamo, sentiamo o purtroppo viviamo episodi di razzismo? Senza tornare indietro di anni, anni e anni, e di conseguenza annoiarvi, me ne bastano uno o due. 

L’estate scorsa ci sono stati i tanto attesi Europei e come da merito l’Italia ha partecipato. Tra la squadra schierata nella finale, che ha visto l’Italia protagonista contro la Spagna, c’erano ben due italiani naturalizzati in campo e un altro in panchina. Mario Balotelli, Thiago Motta e Angelo Ogbonna hanno giocato negli Europei rappresentando gli italiani. Ma se guardate il loro colore della pelle o i loro nomi e cognomi, non vi viene in mente una domanda un po’ retorica: ma siamo sicuri che siano italiani? La legge italiana li riconosce come cittadini a tutti gli effetti, ma loro si sentono come tali? Dai loro comportamenti e dalle loro affermazioni è possibile riconoscere tratti tipicamente nazionali. Ma se una persona vive in Italia da molti anni, o magari ci è nata, ha studiato, ha appreso la cultura e vive costantemente giorno dopo giorno insieme a persone che considera suoi connazionali, la si può considerare italiana?

Ogni anno vengono al mondo migliaia di bambini nati da stranieri comunitari e non. Gli stessi bambini cresceranno in Italia, studieranno in Italia, si innamoreranno in Italia, vivranno ogni giorno della loro esistenza da italiani. Ma ogni anno dovranno recarsi in questura, per il rinnovo di un pezzo di carta, che vale tutto per quei bambini e le loro famiglie: il Permesso di Soggiorno. Quello stesso giorno gli verrà ricordato di vivere in mezzo a persone diverse da loro. Quelli stessi bambini non sanno più identificarsi: si sentono italiani a tutti gli effetti, ma purtroppo i documenti affermano il contrario. Quando si recano nel paese delle proprie origini, si sentono come pesci fuor d’acqua, alcuni di loro non sanno neanche parlare la lingua, altri non distinguono i soldi e altri ancora sono obbligati a tornarci. Sì sì, sono obbligati. Infatti una volta raggiunto il diciottesimo anno di vita, uno straniero se non lavora deve tornarsene nel suo paese,  ma come può farlo se il suo paese è l’Italia?? In ogni legislatura, c’è sempre il solito politico che promette il cambiamento, ma sono ormai parole vecchie che fanno illudere migliaia di famiglie in attesa di una carta di soggiorno o magari della cittadinanza. Secondo la legge italiana la cittadinanza si può acquisire per sangue, per matrimonio e per naturalizzazione. Un extracomunitario residente in Italia da più di dieci anni consecutivi può far richiesta per ottenere un documento che passerà alle sue future generazioni e che risparmierà ai successivi bambini il momento in cui li verrà ricordato che sono diversi dai coetanei con cui passano ogni giorno della loro vita, ovvero i bambini italiani. Una volta richiesta e accettata, per quanto dice la legge italiana, si dovrebbero attendere un paio d’anni all’incirca, ma purtroppo i tempi d’attesa sono lunghissimi e intanto magari i bambini sono diventati uomini e sono costretti a cercare un lavoro per stare in un paese che sentono proprio. 

 Il mio è un semplice appello, quello di una semplice ragazza straniera venuta e cresciuta in Italia, che si sente italiana, rivolto a tutti, dai cittadini, agli stranieri stessi e ai futuri parlamentari che si instaureranno nella prossima legislatura: “sarà mai possibile, in futuro non troppo lontano, un’Italia unita e integrata con le altre etnie e culture, un paese dove non vengono sottolineate le proprie origini o la propria lingua, uno stato colorato e non  diverso, dove le persone non vengono discriminate, ma trattate come tali. Città in cui non ci saranno più sguardi discriminanti, passi timorosi in qualche spiacevole incontro, ma soprattutto amicizie uniche e non diverse.” Spero in una futura generazione migliore, sia dal punto di vista economico che sociale, attendo con impazienza una nazionale multietnica, ma soprattutto desidero un’Italia dove non venga ricordato che sei diverso attraverso un foglio di carta. Auspico alle future generazioni di sentirsi integrati, di essere considerate persone come quelle con cui vivono tutti i giorni e spero che non ci siano più atti di razzismo. Invito inoltre i Governi futuri a prendere al più presto provvedimenti, perché giorno dopo giorno migliaia di bambini, ragazzi e magari uomini e donne non sanno più come identificarsi, si sentono italiani nel cuore, ma purtroppo la legge, i documenti e i loro coetanei gli ricordano di non esserlo, sentendosi così degli apolidi, senza origini né cittadinanza.

                                                                                                                       OUMAIMA LAMZOURI II^M

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